Tuesday, October 18, 2005

Stagiaire - part two


Anche il meeting del pomeriggio volgeva alla conclusione. Melissa si era mostrata molto interessata ai sistemi di raccolta, condizionamento e stoccaggio dei prodotti e aveva raccolto una messe di complimenti da gentiluomini di campagna da parte dei rappresentanti commerciali e dal presidente del consorzio. Rispondeva a tutti con un sorriso e manteneva un elegante low profile.
Anche a tavola l’avevo osservata, trovandola aggraziata ed educata, sebbene non mi fossero sfuggite le sue incertezze nel scegliere la giusta posata con cui approciare le varie pietanze. La tolsi anche dall’imbarazzo nell’identificare il bicchiere dell’acqua nella selva di quelli che aveva davanti, versandogliela io stesso direttamente, visto che il presidente le versava solo vino rosso uva d’oro, che Melissa appena centellinava. Anche queste piccole incertezze contribuivano a renderla più intrigante e desiderabile agli occhi del selvaggio, per lo più abituato ad avere a che fare con over 30 parecchio sgamate in tutto.
Il viaggio di ritorno si rivelò più interessante. I discorsi si spostarono decisamente su argomenti più personali. Applicando una delle regole base dell’auditing, parlavo il 20% del tempo, lasciando a lei da riempire il restante 80%, stimolandola con domande precise, ma mai troppo chiuse. Viveva in un quartiere popolare di M*****, padre magazziniere in una piccola azienda di materiale elettrico, madre casalinga, un fratello impiegato alla Bo-Frost che guidava il furgoncino dei surgelati su e giù per la zona sud di M*****. Una famiglia modesta. Molto diligente, aveva un curriculum scolastico brillante e, tutto sommato, pochi grilli per la testa. Un gruppo di amici stabile da tanti anni ed una simpatica nonnina sprint. Anche in funzione di ciò, godeva di una certa libertà di movimento in casa, orari abbastanza flessibili, scarso controllo e poche pressioni da parte dei genitori. Non aveva quindi un desiderio eccessivo di indipendenza, nè aveva preso ancora in seria considerazione la possibilità di vivere per conto suo, indipendentemente dall’attale impossibilità finanziaria. Stava bene a casa, anche se diceva di patire un gap generazionale profondo nel dialogo con i suoi genitori. Sosteneva di essere nata un po’ per caso, a otto anni di distanza da suo fratello e considerava i suoi genitori un po’ matusa. Aveva un fidanzato ma notai maliziosamente che, nel parlarne, non perse occasione per sminuirne l’importanza e attaccarlo con qualche critica anche un po’ acida. Principalmente gli rimproverava di essere un immaturo, il classico adolescente nè carne nè pesce, nonostante i suoi quasi 24 anni, che si perdeva via in cretinate (mi sembrò di capire principalmente birre e droghe leggere) e che perdeva tempo e soldi a Scienze Politiche, dandosi un po’ arie da figlio del proletariato con un padre avvocato socio anziano nello Studio Rossotto, una madre endocrinologa al S. Raffaele, la casa in via Quadronno e la domestica di Capo Verde. Luca, così lo chiamava, non sempre le dava l’importanza che lei pensava di meritare ma, d’altro canto, era geloso in una maniera ossessiva, tormentandola di continuo con telefonate, scenate davanti agli amici e cose di questo tipo. Avevo infatti notato, durante la giornata, il modo nervoso in cui guardava il telefono e si appartava in concitate veloci conversazioni. Melissa disse di averlo lasciato una volta ma quando poi fu lui a dirle basta pianse per una settimana . Insomma, la classificai come una classica storia post-adolescenziale, con alti e bassi, tira-molla, felicità assolute e tristezze profonde. Mi sembrò abbastanza chiaro che il fidanzato di Melissa non andava considerato un ostacolo degno di questo nome in grado di determinare il fallimento del piano che cominciava a delinearsi nella parte oscura nel mio cervello. Lasciai Melissa qualche minuto prima delle 21:30, davanti all’ufficio ed attesi che avesse messo in moto l’auto, prima di avviarmi verso casa a mia volta.
Trascorsero alcuni giorni prima di rivedere Melissa a tu per tu. Lei intanto procedeva nella sua esplorazione dei vari dipartimenti dell’azienda. In Logistic & Transports, l’ufficio di fianco a noi, Beppe & Co. sembravano divertirsi molto con Melissa, almeno a giudicare dalle grasse risate che arrivavano a ondate dal corridoio. Ma del resto, insieme al magazzino, loro erano i tipi più “pane e salame” di tutti. Nel frattempo però avevamo cominciato a scambiarci mail spiritose, forwardandoci a vicenda attachment più o meno cretini, barzellette, .avi, .ppt, etc. Avevo scoperto inoltre diverse cose di Melissa, tipo che le piaceva andare al cinema, che il suo colore preferito era il verde, che adorava il risotto con i funghi. Insomma, per dirla con il buon Alain, stavo “pasturando”
Alla fine Maurizio approvò il viaggio di Melissa in Olanda, devo ammettere, anche in conseguenza di qualche mio distaccato e apparentemente casuale commento, e così, il Martedì successivo, nell’ultima settimana di Ottobre, ci trovammo, nuovamente all’alba, all’aereoporto di L*****, per imbarcarci su di un volo KLM diretto a Schiphol-Amsterdam.
- Vederci all’alba sembra essere diventato un leit-motiv nella nostra relazione, Melissa. Buongiorno.
- Ciao Sandro! Davvero! Scusami ma io all’alba non sono mai proprio al massimo. Di solito il meglio di me lo dò nel pomeriggio-sera.
- Beh, avremo modo di sperimentarlo... ma sai, c’e una teoria su queste cose che divide un po’ le persone in “benzina” e “diesel”. Io, per esempio, sono un “benzina”, presto in piedi presto a letto. Mio nonno diceva che ciò rendeva un uomo sano, ricco e saggio. Sano sì, per il resto ci stiamo attrezzando... però lui se ne è andato a 89 anni, non male, tutto sommato. Ti va un caffè?
Il caffè di Melissa diventò un cappuccino “con tanto cacao” e una brioches vuota con una spremuta di arancia; il mio rimase un caffè nero ristretto. Quella mattina Melissa indossava un paio di jeans chiari a vita bassa, una maglina grigia con stampato il logo MaxMara che a mala pena le copriva l’ombelico e delle sneakers simil Prada. Portava un piumino nero a salsicciotti lucidi, tipo i vecchi Moncler, che non le donava per nulla, rendendola ancora più tozza nella figura. Intravedevo, piano piano, cosa poteva essere migliorato in questa giovane donna. Cominciavo ad entrare nel loop del Pigmalione. Abbastanza pericoloso. Ma mooolto intrigante. Un cabin trolley viola anonimo completava il suo corredo da viaggio.
Il volo fu breve e abbastanza confortevole. Melissa non era molto abituata a viaggiare in aereo e manifestava poca confidenza con le varie routines. Era abbastanza eccitata dall’esperienza del suo primo vero business travel. Mi raccontò che gli unici voli che aveva preso erano stati in occasione di una vacanza studio in Inghilterra e di una vacanza in Grecia. Seduti in business, con pochi altri passeggeri, chiaccherammo di tante cose, principalmente viaggi e turismo, mezzi di trasporto e vacanze. Ci sfiorammo inavvertitamente le dita in un paio di occasioni, io nel prendere un giornale, lei nel riportare il tavolino nella posizione originale. La cosa fece incontrare i nostri sguardi un po’ stupiti, stemperando poi il piacevole imbarazzo con un sorriso. Infine Melissa, durante l’atterraggio, mi strinse decisamente la mano, che tenevo appoggiata sul bracciolo della poltrona. Il gesto insieme infantile e disarmante mi colpì.
L’aereo ci scaricò sani e salvi alle 08:45. Sciphol era il solito bailamme. Recuperammo un po’ a fatica la nostra auto nell’intricatissimo parcheggio della Hertz e mi misi alla guida in direzione Rotterdam. Melissa era visibilmente eccitata dal nuovo paesaggio urbano e dai prati verdissimi e piatti che scorrevano fuori dai finestrini. Mucche frisone a chiazze bianche e nere e gli immancabili mulini a vento, punteggiavano le campagne, appena lasciate alle nostre spalle le periferie di Amsterdam. Melissa sottolineava ogni dettaglio, ai suoi occhi rilevante, con dei “guarda!”, “va che bello!” e cose di questo tipo. Il telefono di Melissa era un trillo continuo.
- Meli, ma non rispondi?
- E’ ancora Luca. Ma gli ho già mandato un messaggio, gli ho detto che lo avrei chiamato questa sera! Che pacco!
- Va beh, dai, rispondi, magari si è preoccupato...
- Quello di sicuro. Quando gli ho detto che sarei venuta in viaggio con te... in Olanda, poi... guarda delle sceneggiate...
- Addirittura?!
- Beh, un po’ è anche colpa mia... gli ho parlato così bene di te... poi quando ha visto la tua foto...
- La mia foto? Da quando hai una mia foto?
- Ma no, l’ho scaricata dal sito intranet aziendale... cosa vai a pensare?!
- Oddio! Ma quella foto è una roba orripilante. Ho detto tante volte a Giuditta di cambiarla...
- Non è vero, dai sei venuto bene.
Le mie cellule grigie, come avrebbe detto il buon Hercule, sfrigolavano. Quindi: la ragazza parlava male del suo fidanzato con me e bene di me con il suo fidanzato. Inoltre aveva scaricato la mia foto da intranet per mostrarla agli amici. La pastura stava facendo effetto, il pesce cominciava a mangiare e a farsi vedere.
- Ma, insomma. Sembro tutto imbastito.
- Va beh, a Luca non ha fatto molto piacere che fossi tu a venire in viaggio con me.
- Ma cosa hai raccontato a questo povero cristiano?
- Ma no! Cosa pensi? Parlavo dello stage in generale, gli ho detto che mi trovavo bene e che alla fine più che della contabilità mi sono appassionata alla qualità e agli acquisti, cose così... gli ho parlato dei miei colleghi, in generale... ma poi quando gli ho detto che andavo in viaggio di lavoro... con te, beh, si è risentito.
- Guarda il lato positivo Meli, una donna deve sempre tenere un uomo un po’ sulla corda... e viceversa. Altrimenti viene meno l’interesse, tendiamo a dare tutto per scontato e ci si addormenta un po’ nelle routines, in un tran-tran molto poco eccitante. Mi sembra che queste sue reazioni ti diano la misura del fatto che tiene a te.
- Io credo che sia solo geloso. E’ geloso che la sua fidanzata di cinque anni più giovane abbia già un lavoro, anche se solo uno stage...
- Beh, vediamo alla fine... può diventare qualcosa di più, credo.
- Beh, grazie... No Sandro, Luca è geloso di questo, che io già mi muova in un mondo così diverso dal suo, che abbia già contatti così diversi dai suoi... lui che ancora sta in università da cinque anni e che ha fatto si e no cinque esami. Va beh, se lo può permettere, ok, figlio unico di genitori stra-benestanti. Però si sente inferiore. Quando parlo di aziende, di contratti, di lavoro mi ridicolizza, butta tutto in burla. Ma credo che si senta inferiore, ancora con i suoi traffichini in Conchetta e le birre o i bottiglioni di barbera scolati con i suoi amici finto-rivoluzionari tutto il giorno. Fosse almeno un narco-trafficante con le palle! Tanto poi finirà che quando suo padre si sarà davvero rotto le palle, gli comprerà una laurea da qualche parte, magari un MBA in qualche finta università americana e lo parcheggierà da qualche amico o conoscente. Come hanno già fatto vari amici suoi. Sai come vanno queste cose. Io non me lo posso permettere, glielo ho detto diverse volte...
- Madonna mia, Meli! Hai un astio profondo nei confronti del tuo fidanzato...o sbaglio? Da quanto tempo state insieme? E soprattutto perchè, a questo punto?
- No, non è astio... sono le solite cose che mi fanno arrabbiare di lui. Per il resto è un ragazzo d’oro. Sono un paio di anni che siamo... fidanzati.
- Ma se patisce queste cose perchè allora non fa qualcosa in proposito? Perchè non vuole cambiare un po’ la sua condizione?
- Secondo me perchè in fondo ci sta bene, è come stare in un limbo adolescenziale, nessun problema vero, nessuna vera responsabilità.
- E, scusa se mi permetto, ma sei innamorata di un uomo così?
- Beh, si, lo sono stata di più forse... ultimamente... boh... poi anche questa morbosa gelosia... è geloso, anche anche di voi adesso... di te in particolare...
- Ancora con questa storia!? Ma perchè? Dai Meli, sono un ventottenne precocemente invecchiato dallo stress che ha nove anni – nove – più di te... cosa teme? Ma cosa gli hai raccontato?
- Va beh, Sandro, dai. Sei un bell’uomo, brillante, mi sarà scappato un commento in più con gli amici, poi forse con la storia della foto ho esagerato un po’, lo riconosco. Ma qui la colpa è stata di Claudia, la solita fanfarona. Comunque hai fatto colpo, se vuoi te la presento.
- See, figurati! Comunque grazie per il “bell’uomo”.
- Beh, nel caso... come si chiama la tua di fidanzata?
- Letizia. Oddio, fidanzata...
- Ecco, nel caso con Letizia non funzionasse hai una spalla su cui piangere... oh, scusa, non volevo fare il gufo...oddio, mi sono un po’ ingarbugliata...
- No problem, Meli, dai, ho capito che voleva essere un complimento.
Nelle nostre recenti conversazioni, avevo glissato diverse volte riguardo la mia relazione con Letizia anche perchè io stesso non sapevo bene come incasellarla. Avevo però detto a Melissa di avere una compagna con la quale continuavo una relazione un po’ altalenante. E’ un po’ una tecnica, lo ammetto, così non dai l’impressione di un lupo affamato in caccia ma ti lasci aperto lo spiraglio per eventuali defaillances, con la scusa dell’altalenante. Cominciavo però a vedere Melissa sotto un altra luce. La patina da ragazzina ingenua nascondeva probabilmente una lucidità e maturità non comuni per quell’età.
Superammo il ring di Rotterdam e piegai verso nord ovest in direzione di Naaldwijk, dove avevamo due camere prenotate al solito Highland Carlton Hotel. Il paesaggio intorno a noi cominciava ad essere caratterizzato dalle terre veramente basse e dalle centinaia di serre che si susseguivano ininterrottamente lungo la strada.
Arrivammo all’hotel poco dopo mezzogiorno, così proposi a Melissa di darci una rinfrescata, sistemare i bagagli e mettere qualcosa sotto i denti. Avevamo appuntamento con André Waasdorp e Jan Dortmans a Maasland, solo per le 14:00, così restava un po’ di tempo.
Ho una foto di Melissa che sbocconcella un bratwurst accompagnato, incredibilmente, da una birra piccola, appoggiata con nonchalance al tavolo rotondo dell’area ristoro di una stazione di servizio BP. Le facevo compagnia con un French hot-dog ed una birra media. Con i capelli un po’ scarmigliati, le guance rosse e la borsa del DELL Latitude a tracolla sembrava davvero una studentessa. Carina, per giunta. Il clima tra noi stava prendendo una piega un po’ da gita scolastica, ma in fondo non mi importava molto. Non mi sentivo più molto in dovere di mantenere il ruolo del giovane manager impeccabile.
- E allora, dove mi porti stasera?
- Melissa!
- Dai, sto scherzando. Però un giretto potremmo anche farlo.
- Guarda questi posti sono veramente desolati, qui sono tutti contadini, ma nel vero senso della parola. Cena alle 18:30 e poi a nanna. A parte che diventa buio presto, te ne accorgerai. O ci si mette in macchina un ora e passa e proviamo a trovare qualcosa da fare a Rotterdam, oppure kaine. Io stasera soprassiederei, però se vuoi la macchina te la presto. Basta che la riporti, che domani sarà una giornata piena.
- Ma va! Da sola non vado da nessuna parte, dai scherzavo! Va bene la cena con le galline e poi a nanna.
- Senti vediamo poi, vedrai che qualcosa ti organizzo.
Raggiungemmo Maasland in meno di mezz’ora e fummo accolti dai fornitori olandesi con la loro tipica ospitalità nordica: tazzone di caffè brodoso e vigorose strette di mano. Presentai Melissa che se la cavava decisamente bene, sia con l’inglese che con il tedesco, cosa che rese molto felice il vecchio Kees Oosterman, patron della Growers’ Association, che con l’inglese non era mai andato a nozze. Il meeting filò abbastanza liscio, era del resto, più che altro un follow-up, il formale hand-shaking per suggellare precedenti accordi di fornitura di pomodoro grappolo per la campagna invernale. Ci sorbimmo un paio di slide-shows, fortunatamente brevi, firmai i contratti e, dopo l’immancabile giro per mostrarci le nuove serre, i nuovi magazzini a temperatura controllata, l’ampliamento delle celle frigorifere, per le 17:30 ci ritrovammo in macchina sulla strada del ritorno. Melissa era entusiasta. Le colture idroponiche l’avevano veramente impressionata.
- Accidenti Sandro, fantastico, veramente, non ho mai visto niente di simile. Ma quante volte all’anno ti capita di venire da queste parti?
- Mah... da quando sono in azienda, dunque da un paio di anni... di solito si fanno due viaggi per campagna, quattro volte all’anno, circa.
- Bello! Mi piacerebbe lavorare con gli olandesi...
- Perchè no? Beh, effettivamente la contabilità è un po’ sterile come campo, certo le vendite e gli acquisti sono un po’ più eccitanti. Ma allora aspetta di vedere i pomodorai delle Canarie, poi mi dici! Altro che gli olandesi!
- Sei stato anche la?
- Beh, prima di venire in A******* ero in E********. Lì mi capitava più spesso di avere queste destinazioni, si faceva più sperimentazione con le provenienze. E allora si girava di più in... esplorazione, per così dire. Mi ricordo un esperimento con le banane dalle Azzorre, quando cercavamo di ridurre la presenza di fitofarmaci ed insetticidi per la linea bio... ci abbiamo passato settimane io il buon Sikovich. Bei tempi, in bermuda nelle piantagioni.
- Sikovich?
- Un mio collega, con il papà croato...
- Cavolo... bello... ma Sandro tu da quanto tempo lavori?
- Beh, fatti due conti... ho finito l’università nel 1996 ma già lavoravo da due anni. Nel luglio mi sono laureato in settembre sono entrato in E********. Da lì è cominciato un po’ tutto. Il lavoro stressante, intendo.
- Wow. Tu mi sa che hai un sacco di cose da raccontare...
- Oddio, beh, qualcuna... Credo che l’importante sia riempire gli anni che passano con qualcosa di significativo... fare esperienze, imparare delle cose, vedere il più possibile... almeno questo è importante per me.
Melissa mi stava osservando decisamente affascinata. No, davvero. La pastura aveva svolto il suo compito. Adesso bisognava buttare l’amo, scegliendo quello giusto, e stare attenti a ferrare al momento giusto, non troppo presto, non troppo tardi. Ne scelsi uno medio-piccolo e lo lanciai.
- Meli, per stasera proporrei una cosa così. Visto che siamo in piedi dalle 05:00 cenerei in hotel verso le 19:00, che per gli standard locali è già tardi. Poi, sinceramente, me ne andrei a nanna. Magari a fare un giretto “movida” andiamo domani. Che ne dici?
- Si, certo, guarda che scherzavo... sono anch’io un po’ cotta...
- Allora ti invito ufficialmente a cena.
- Uh... come sono emozionata!
- Spiritosona! Beh, alla fine è la prima volta che ceniamo insieme, tutti soli... tu ed io. Diamo davvero al moroso qualcosa di cui essere geloso!
- Ahaaa... senti piuttosto com’è il rancio da queste parti? Il bratwurst non era male, però...
- Non aspettarti grandi cose, però il Carlton ha un ristorante decisamente più che discreto, sempre secondo gli standard locali.
Parcheggiai la Passat Variant poco distante dall’ingresso dell’hotel. Recuperammo le borse dei computer dal baule e ci accordammo per trovarci al Pavlos Bar verso le 18:45.
Stavo finendo il mio consueto gin tonic al bancone del bar quando Melissa fece il suo ingresso nella hall. Aveva sostitito la maglina grigia con una camicetta bianca in cotone pesante sulla quale indossava una specie di gilet di lana a trecce verde scuro. E, con mia grande meraviglia, si era anche truccata un po’, dando rilievo alle sue labbra morbide e agli occhi grandi. Era una roba un po’ fai da te e l’effetto finale era quello di un viso alla “egiziana”. Ma non era poi male. E la fragranza di fiori di sambuco, narcisi e gelsomini era più intensa.
Non so, qualcuno, una volta, mi ha detto che sono una “persona visiva”. In realta non credo. Se dovessi, per esempio, valutare, da un punto di vista prettamente estetico, le mie compagne, dovrei ammettere di non aver mai avuto, veramente, delle donne “belle”. Molto più spesso sono stato colpito e affascinato dai dettagli, uno sguardo, le movenze, le mani, i seni, un sedere, le labbra. Ad ogni dettaglio associo anche una valenza erotica, una fantasia che me lo rende unico ed irripetibile, irresistibile. E moltissime altre volte mi colpiscono gli odori, i profumi, i sapori. Centinaia di volte vengo colpito dalle fragranze dei capelli, della pelle, dai profumi. E che dire dei sapori? No, non solo quelli più intimi, quelli meriterebbero un capitolo a parte; tutti, il gusto di una bocca, di un collo, di un lobo di un orecchio. Il sapore di una lacrima, il profumo di una scapola. E allora forse sono anche una persona olfattiva e gustativa? Non so, però una volta ho inseguito una donna solo per il suo profumo. Ma questa mi sa che è un’altra storia.
- Mmm, Meli, come sei carina.
- Eh, un po’ di trucco copre tutto. Grazie però.
- Bevi una cosa?
- Mmm..., ma si, dai, stasera mi dò alla pazza gioia. Pensi che sia possibile avere un calice di vino bianco?
- Sicuramente.
Melissa ed io prendemmo posto sugli sgabelli di fianco al bancone. Eravamo gli unici avventori in quel momento. Appoggiati sul banco, i nostri visi a meno di mezzo metro. Respiravo Melissa che sorseggiava uno Chablis ghiacciato che le appannava il bicchiere.
- Allora Meli? Che te ne pare?
- L’hotel è bellissimo. Ma sai che ho anche la doccia multifunzione?
- Accidenti, no questa non ce l’ho mai avuta, mi sa che questa volta hai fatto tu colpo sul concierge...
- Ma va, magari hanno ristrutturato...
- Ma figurati... E per il resto, che ti è sembrato della giornata?
- Interessantissima. Veramente. Tu fai un lavoro davvero stimolante. Poi ti ho detto, mi piace questa atmosfera olandese, sono tutti così informali, muovono milioni di euro in jeans e polo... cavolo in Italia appena mettono su una fabbrichetta montano una prosopopea...
- Si questo è vero, è tipico dei nordici. Dai, da noi non è neanche così male...
- Secondo me è l’imprinting olandese...
- Beh, può darsi. Domani mattina visitiamo i nostri colleghi, abbiamo appuntamento con la filiale di De Lier. Loro sì che hanno ristrutturato recentemente il building... andiamo a mangiare o vuoi un altro Chablis?
- Mi vuoi fare ubriacare subito? Non avrai intenzione di approfittarti di una indifesa ragazza brilla...
- Ma figurati... poi certe cose vengono meglio tra sobri consenzienti... o sbaglio?
- ... andiamo a cena Sandro.
Il Lenor Fini, il ristorante dell’hotel, ci accolse nella sua atmosfera ovattata. Solo un paio di altri tavoli erano occupati. Il maitre, sovrappeso e sorridente ebbe l’accortezza di condurci ad un tavolo appartato, vicino alle vetrate.
- Wow! Sandro, è bellissimo...
- Si, l’ambiente è abbastanza raffinato... un po’ troppo stile impero per i miei gusti personali.
- Penso che sia il ristorante più carino dove sono sono stata invitata. Grazie.
- Beh, Meli, aspetta di aver mangiato almeno... sai come si dice: “never judge the book by the cover”.
- Si, lo so, era un commento relativo all’atmosfera... è bellissimo.
- Non esci spesso a cena, o sbaglio?
- Ogni tanto. Beh, in posti come questi raramente... con i genitori di Luca, a volte. Un supplizio. Odio essere sotto esame.
- Mi pare non sia un problema grosso per te superare gli esami. Poi siamo sempre sotto esame. O no?
- In qualche modo si. Hai ragione. Solo... Sai cosa mi infastisce di alcune persone? Che ti giudicano principalmente per lo status sociale. Cioè, ti puoi permettere di essere un povero pirla – scusa – se sei ricco ma se sei povero sei uno sfigato se povero e pirla, allora sei davvero un “poveropirla”. Scusa il torpiloquio. Però è vero, molte persone non valutano te come persona, come individuo... ti giudicano per la tua classe sociale di appartenenza. Tipo i genitori di Luca. Non vedono l’ora che mi scarichi e si fidanzi finalmente con le varie Maria Lucrezia, Bianca, Isabella, i vari manici di scopa figlie degli amici.
- Mi sembra di vedere molto di quello che hai definito come “luca-pensiero” in questo, o sbaglio? Dai Melissa, la lotta di classe è fuori moda dagli anni ’80.
- Si? Io sono nata nel 1981, figurati. No, è che cerco veramente di darmi da fare, di cercare di avere piccoli e grandi successi. Vorrei fare una cosa che mi piace, avere un lavoro che mi soddisfa, avere qualche soddisfazione economica anche... mi fa arrabbiare essere giudicata per delle cose sulle quali non ho responsabilità. Valutatemi per quello che faccio IO, che ho fatto IO... non per la fortuna o la bravura dei miei genitori o dei miei nonni! Questo è ingiusto.
- E’ la vita. Meli, ci sarà tempo, non avere fretta. Cavolo, hai diciannove anni! Vedrai che arriverai dove desideri arrivare. Uno dei segreti, almeno per me, è porsi degli obiettivi verosimili, obbligarsi a severi follow-up e soprattutto godere dei piccoli e grandi successi, delle cose belle, anche piccole che la vita ci regala... anche questa serata, del buon cibo, del buon vino, una piacevole compagnia...
- La piacevole compagnia me la sto godendo, anzi, forse ne sto abusando... ti sto sommergendo di quelle che definirai “le stronzate della ragazzina”... per il vino e il cibo vediamo il menù...
- Non penso che tu dica stronzate... hai già scelto qualcosa?
Il menù offriva una lista di cibi semplici ma in rivisitazioni raffinate e in numero tale da non mettere in imbarazzo l’avventore. Diverse zuppe di terra e di mare, l’immancabile “gerookte paling”, gamberi, granchi, ostriche in varie cotture o crudi, il classico “riisttafel”, il tradizionale "Hustpot".
Melissa ed io scegliemmo le stesse cose, un antipasto di ostriche, una versione marina della “erwtensoep” con piccolissimi gamberetti dell’Atlantico e un piatto combinato con gamberoni alla griglia e riso al curry. Continuammo con lo Chablis che Melissa aveva consumato come aperitivo, un Premier Cru Mont de Milieu, Albert Pic & Fils.
- E di te cosa mi dici Sandro? Mi sembri un uomo soddisfatto, ma non completamente... c’entra la tua Letizia?
- Mah, forse non lei intesa come persona fisica... comunque sì, l’argomento relazioni sentimentali è un po’... mah, non trovo i termini giusti. Penso di non avere una storia molto diversa da quella di tanti altri, una bella bruciante delusione seguita da una serie di altre relazioni più o meno lunghe con persone più o meno interessanti. Adesso c’e Letizia...
- E com’è?
- In che senso?
- Mah, in generale, com’è? Bella, alta, decisa, dolce... che ne so... Certo a te le cose bisogna un po’ cavartele di bocca, eh?
- Carina lo è abbastanza... alta, ecco, Letizia è alta, sarà almeno 178 cm, giocava a pallavolo... ha tre anni più di me... mora...
- Ce l’hai una sua foto?
- No, non credo... no.
- Allora non sei innamorato.
- Madonna che sillogismo sballato! Allora cosa dovrei dire io? Tu hai la mia foto e allora sei innamorata di me?
- Touchè... ho detto una stupidaggine. Scusa.
- Poi sempre con queste categorie... no, non è sempre facile stare insieme. Però Letizia è una che si sa divertire e che sa farti divertire, organizza sempre qualche evento nei week-end, un viaggetto, una cena con gli amici... ha questa capacità di relazione... invidiabile. Però in fondo credo sia una persona fredda... un po’ opportunista e calcolatrice...
- Non lo siamo un po’ tutti?
- Si, però... magari in modi diversi.
- Mhmm. Più o meno scoperti, forse intendevi...
Le ostriche non piacquero un gran che a Melissa, invece io le trovai freschissime. Poi scoprii che era la prima volta che le assaggiava e che “il viscido del mollusco crudo” le faceva “rizzare i peli della schiena”.
- Ma quanti ne hai!!
- Vedessi...
Lo Chablis invece era di suo gradimento e le nostre risate riempivano la sala. Non disturbavamo comunque nessuno, visto che l’ultimo avventore, un corpulento signore calvo, probabilmente tedesco, aveva bevuto il suo caffè e si era alzato, lasciandoci completamente soli. La zuppa anche ebbe successo e all’arrivo dei gamberoni eravamo già arrivati a trattare l’argomento “posto più strano dove hai fatto l’amore”. La mia cabina telefonica del lungomare di S. Margherita Ligure vinse sulla sua spiaggia di Jesolo Pineta, almeno a sua detta. Ribattei che ero avvantaggiato dai nove anni di età che ci separavano. I bicchieri ci vennero nuovamente riempiti. Il clima da gita scolastica era al suo climax. Melissa aveva le guance arrossate e si era liberata del gilet. Adesso, a ogni spiritosaggine sua o mia, batteva il palmo della sua bellissima mano sul dorso della mia. Il dessert fu una strepitosa mousse di cioccolato con salsa all’arancia che accompagnammo lei con un Porto Tawny Quinta Do Castelinho vecchio di 20 anni, “più vecchio di me!!” ed io con il consueto Laphroaig dei dopocena all’estero.
Ci alzammo da tavola piacevolmente indolenziti, verso le 21:30. Melissa allacciò un braccio intorno alla mia vita con naturalezza ed io le passai il mio sulle spalle.
- Grazie per la magnifica cena, Sandro. Adesso posso dirlo.
- Grazie a te per la piacevolissima compagnia...
- Anch’io sto bene con te... beh, domani levataccia uguale, mi sembra di capire...
- Beh, no, dai, direi colazione alle sette... OK? Qui alle sette e trenta sono già tutti in ufficio.
- Vada per le sette. Ci vediamo domani a colazione, allora. Buona notte Sandro... e ancora grazie.
Melissa mi colse davvero di sorpresa. Si sciolse naturalmente dal mio braccio, poi si girò verso di me, si sollevò sulle punte dei piedi e, senza meno mi scoccò un bacio fugace sulla bocca. Però ci misi meno di un secondo a riprendermi dalla sorpresa, ad afferrarla per i fianchi, spingerla dolcemente contro la porta della sua stanza e a ristabilire il contatto con le sue splendide labbra morbide che si schiusero al contatto con le mie. Poi fu cioccolato e Porto e una lingua piccola e guizzante che mi provocò una erezione immediata. Melissa mi allontanò dolcemente.
- No, Sandro... è meglio che ci fermiamo qui... stasera... io...
- Se è solo per stasera va bene...
- Scemo. Buonanotte.
Mi baciò nuovamente, un bacio rapido come il primo.
- Buonanotte anche a te. A domani.
Chiuse la porta con un sorriso, lasciandomi stupito, un po’ rapito, con il membro inturgidito, che pulsava dentro i boxer. Ma era fatta. Il pesciolino aveva abboccato. In quel momento non avevo preso ancora in considerazione che il pescatore, in realtà, avrebbe potuto essere lei.
to be continued...

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