Monday, October 17, 2005

Stagiaire - part one

Nell’Ottobre del 2000 in ufficio arrivò Melissa. Era una stagiaire che avrebbe dovuto passare sei mesi presso di noi, nell’ambito di un accordo tra la nostra azienda e la scuola che l’aveva diplomata, il PACLE Schiapparelli-Gramsci di M*****.

Dall’anno precedente avevo accettato questo nuovo incarico, capitato un po’ per caso, a seguito di una proposta giuntami per vie ufficiose attraverso la mia amica Stefania. Continuavo ad occuparmi di acquisti, ma per conto di una media azienda italo-olandese che si occupava di trading di prodotti ortofrutticoli freschi.

Maurizio, sales manager, nonchè mio responsabile diretto in quanto managing director, mi appioppò seraficamente il compito di erudire la ragazza su tutti gli argomenti di mia pertinenza, che esulavano dalla amministrazione e dalla contabilità, dipartimento al quale era stata assegnata. Perchè lui non aveva proprio tempo. Le prime due settimane, in effetti, non vidi Melissa quasi per nulla, se non durante qualche pause caffè, o incrociandola in corridoio di tanto in tanto. Carmen e Santo si erano occupati della sua introduzione in amministrazione.

Poi, un mercoledì mattina, mi si presentò davanti alla scrivania.

- Buongiorno. Sono Melissa Lenti, sarei in affiancamento a lei per i prossimi giorni...
- Ah, già! Buongiorno Melissa... si, dammi pure del tu... dunque la bozza del tuo introduction ce l’avevo qui...eccola. Siediti.

Per la prima volta la stavo osservando veramente. Nei giorni precedenti la mia attenzione non si era davvero soffermata molto su Melissa. In realtà non apparteneva alla categoria di quelle ragazze che ti giri a guardare, con più o meno discrezione. In ufficio ne avevamo un paio di questi esemplari pseudo top-models. E tutte e due mi stavano discretamente sulle palle, con quei tacchi che ti rompevano l’anima da una parte all’altra dell’edificio, le mossette da femme fatal dei poveri.

La Melissa che mi stava di fronte era davvero una ragazzina, diciannove anni appena compiuti. Una statura che arrivava a mala pena al metro e cinquantacinque e un visino, carino ma non appariscente. Devo ammettere che la mia mente la aveva già ribattezzata un paio di volte “la nana”, ma senza cattiveria, più per categorie logiche crudeli, retaggio dell’adolescenza. Portava i capelli neri lucidissimi tagliati in una specie di caschetto lungo, un po’ come i paggetti delle corti rinascimentali. Due occhi neri enormi, mobilissimi, tanto grandi da sembrare quelli di qualche personaggio uscito dalle pagine dei manga. Un nasino proporzionato, appena spruzzato di una manciata di efelidi ed una bocca magnifica, piena, con le labbra rosa scuro tumide. Il suo visino mi ricordava, anche se alla lontana, un po’ la Phoebe Cates prima maniera. Fisicamente non molto attraente, una struttura compatta, tendente al rotondetto, un seno appena accennato, che si intuiva sotto la maglina nera United Colors of Benetton. Le gambe corte e leggermente tozze, anche se commisurate alla statura, ma due bellissime mani, con le dita lunghe ed affusolate.

- Beh, Melissa, ho letto un po’ il tuo curriculum, ma non nei dettagli. Mi vuoi ricordare qualcosa tu, così un po’ in generale? So che ti fermerai almeno sei mesi con noi, dimmi un po’ quali sono le tue aspettative, le tue ambizioni, di cosa ti vorresti occupare nello stage...

Mi parve subito un po’ spaesata, gli occhi, mobilissimi, già schizzavano in tutte le direzioni, ispezionando punti a caso sulla parete alle mie spalle.

- Beh, io, sa... sai, no, credo che dovrei... vorrei...
- Calma Melissa, calma, vuoi che andiamo a prenderci un caffè? Così facciamo due passi, vieni dai.

Ci avviammo lungo il corridoio nella direzione dell’ingresso, dove stavano posizionate le macchinette distribuisci-tutto, dalle brioches di plastica ai surrogati delle bevande da bar.

- Allora come ti trovi per il momento?
- Beh, abbastanza bene...
- Un po’ frenetico il ritmo, vero?
- Eh, sa, è un bel salto dalla scuola alla azienda... non ero abituata...
- Ma hai poi intenzione di proseguire gli studi all’Università?
- No, non credo, mi piacerebbe cominciare a lavorare sul serio...
- Ho visto che hai un bel 100/100 come valutazione finale, perchè non proseguire? Oramai all’Università ci vanno un po’ tutti...
- Un po’ proprio per quello, altri quattro, cinque anni, non so... magari cominciare subito, poi cresere un po’ in azienda, con qualche corso interno o esterno, che so io. Cioè adesso, come età almeno, sono in un bel vantaggio su un neo-laureato... Poi le lingue le conosco, la contabilità pure...
- Come lo vuoi il caffè?
- Macchiato, grazie.

Rientrammo nell’ufficio acquisti, dove occupavo un angolo vicino alla finestra, separato dagli altri tre colleghi da un grosso ficus benjamin e dalle scaffalutare piene di faldoni. Federico ci rivolse un breve cenno di saluto, Melissa gli era già stata presentata. La scrivania di Umberto era vuota, probabilmente era in viaggio.

- Allora... come tutor dell’ufficio acquisti per il tuo introduction program avrei in mente un paio di giornate in sede... vediamo un po’ gli ordini, la contrattualistica, come nasce un prezzo, le specifiche con la Qualità... poi se c’è altro lo aggiungiamo. Poi pensavo di portarti da qualche Fornitore non lontanissimo, tipo qualche emiliano, andata e ritorno in giornata, tanto ho già un paio di appuntamenti... Se hai voglia e pensi possa esserti utile, possiamo chiedere a Maurizio se puoi accompagnarmi anche dai pomodorai olandesi... vediamo la settimana 43 avrei un incontro con quelli del V** per la fornitura del pomodoro grappolo . Se non hai mai visto quella realtà è davvero interessante.
- Oh, si mi piacerebbe molto...
- Bene, allora cominciamo domani mattina con un po’ di carte, verso le 7:45 va bene? Così puoi assistere all’ultimo scarico delle merci e facciamo due chiacchere con i ragazzi del Controllo Qualità, va bene?
- Va bene.

Nei giorni successivi trascorsi buona parte del mio tempo insieme a Melissa in ufficio e successivamente insieme a Jan, il Quality Mgr, su e giù per i magazzini, dentro e fuori dalle celle frigo, con calibri, brixometri, improvvisando panel tests con magazzinieri e autisti. Melissa sembrava un po’ più sciolta, cominciava a darmi del tu senza imbarazzo e rivolgeva domande pertinenti e non banali più o meno a tutti. Cominciavamo a conoscerci un po’ e gli argomenti di conversazione si allontanavano un po’ più spesso da quelli strettamente legati al lavoro.

Mercoledì ci infilammo in macchina alle 06:00 in direzione campagne del Ferrarese, per un incontro con un consorzio di produttori di zucche gialle. Mi si presentò una Melissa ancora un po’ assonnata, vestita con un tailleur grigio. La giacca le stava evidentemente abbondante di almeno di un paio di taglie. Sorrisi, mi fece quasi tenerezza. Probabilmente l’aveva scippata alla madre o ad una sorella. La gonna sotto il ginocchio le risalì a metà coscia, una volta che ebbe preso posto nella Volvo aziendale. Le sue gambette corte e tozze coperte da un paio di collant neri opachi e scarpine tipo ballerine nere lucide completavano l’abbigliamento. Come sempre senza trucco ma con addosso una piacevolissima fragranza fresca di fiori bianchi.

- Il viaggio sarà un po’ lunghetto Melissa. Se vuoi pisolare un po’ non mi offendo, visto che ti ho costretta ad una levataccia.
- Ma no Sandro, figurati... chi sono esattamente quelli che ci aspettano?

La prima ora del viaggio trascorse in chiacchere più o meno legate al lavoro poi, malgrado tutto, Melissa si appisolò. Reclinò la testa verso il finestrino offrendomi il suo piacevole profilo. Accesi la radio, sintonizzandomi su isoradio per le notizie relative alla viabilità. Di tanto in tanto mi giravo a guardarla. Aveva davvero un bel visino Melissa, una bocca per la quale fare pazzie, un nasino proporzionato, quegli occhi grandi e mobilissimi che adesso teneva chiusi. Con quel tailleurino fuori misura e quell’atteggiamento tutto serio da studentessa modello mi ricordava davvero un po’ i personaggi dei fumetti giapponesi. Magari quelli un po’ hard... I pensieri cominciarono una pericolosa deriva, decisamente poco consona alla situazione. Mentre la mia parte razionale cercava decisamente di allontarsi dal campo minato, il mio spirito selvaggio aveva già deciso quale sarebbe stata la conclusione dello stage di Melissa, almeno per quanto riguardava il sottoscritto. Infischiandosene bellamente delle possibili ripercussioni, delle probabili pesanti conseguenze di immagine, professionali e penali previste per il sexual harassment, il selvaggio aveva già una chiara fantasia erotica: una sorta di bukkake rielaborato in solo, che avrebbe sfruttato al meglio le grazie della giovane stagiaire, in particolare il suo bel visino. Il membro mi si irrigidì all’istante, delineandosi netto sotto la vigogna del pantalone antracite.
...

From Wikipedia, the free encyclopedia.

Bukkake can also mean a Japanese noodle preparation method (doused with miso soup). For that meaning, refer
noodles.
Bukkake is a
group sex practice wherein a series of men take turns ejaculating on a person (often a female). There are strong overtones of erotic humiliation in this practice. Usually in bukkake videos, a beautiful young girl will sit and allow a group of men (sometimes more than a dozen) to come up to her and openly masturbate until they ejaculate on her body (usually on her face and mouth). The girl leaves the semen on her face as another man comes to repeat the routine. Often the scene ends with the girl swallowing the semen gathered. Producers of these films often attempt to find men who ejaculate a large amount. Often in the background of the these videos, men who are waiting for their turn can be seen masturbating to keep themselves erect. When the term bukkake is used in Japan, it usually refers to a method of preparing noodles and not the sexual act.
History
Bukkake is a Japanese invention, pioneered by such Japanese adult video companies as
Shuttle Japan, Soft on Demand, and Moodyz in the first half of the 1990s. Some believe that one significant factor in the development of bukkake was the mandatory porn mosaic in Japan: since the directors could not show penetration they had to figure out new, visually-appealing ways to approach sex acts that would satisfy the audience without violating Japanese law.
One
urban myth purports that the practice originated in feudal Japan as a method of punishing women who had comitted adultery; however, this is not true (its source is the imagination of the writer of a certain adult website, who concocted the story to entice readers to subscribe). At least one notable woman, Catherine Millet, has gone public regarding her sexual enjoyment of bukkake.
Fetish "forced bukkake" movies are popular in Japan. The typical plot features a naïve, uniformed schoolgirl or a demure pantyhosed
office lady somehow finding herself in the predicament of being tied up and drenched with semen against her will.
Some time ago, bukkake began to appear as a theme in western commercial
pornography, although without the orderly, processional tone of the Japanese original. One example which stands out is the American Bukkake series. In Europe, the GGG ("German Goo Girls") series has famously carried on the theme, though with much less emphasis on humiliation (in fact, the women are usually portrayed as enjoying the act) and uniforms (so-called Costume Play) than is seen in Japan, and more on extremely hardcore group sex.
Etymology
Bukkake is the noun form of the
Japanese verb “bukkakeru” (打っ掛ける, to dash [water]), and means simply "splash" or "dash." The compound verb can be decomposed into two verbs: “butsu” (ぶつ) and “kakeru” (掛ける). “Butsu” literally means to hit, but in this usage it appears to be an intensive prefix as in “buttamageru” (ぶったまげる, "completely astonished") or “butchigiri” (ぶっちぎり, "overwhelming win"). Kakeru in this context means to shower or pour. The word bukkake is often used in Japanese to describe pouring out water (or other liquids) with sufficient momentum to cause splashing.
Indeed,
bukkake is more commonly used in Japan to describe a type of dish where the toppings are poured on top of noodles, as in bukkake-udon and bukkake-soba. Here the word presumably refers to the act of splashing fresh semen on a woman's face.

Gokkun
A "light" version of bukkake, known as
gokkun, also exists. Gokkun is an onomatopoeia, which translates into English as "gulp," i.e., the sound one makes swallowing. In the adult video industry, this refers to swallowing semen, often a component of bukkake as well. People outside of Japan often mistake gokkun for bukkake.
to be continued...

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